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Valentino Di Leo

Biografia


Sono entrato nel mondo della fotografia come molti altri, inconsapevolmente tra pellicole, rullini e diapositive, tra ingranditori e acidi per lo sviluppo, lampadine per la camera oscura. Passioni paterne che solo dopo molti anni, per caso, sono tornate alla ribalta, quando un giorno di ormai circa due anni fa entrai in un centro commerciale e la vidi posata su uno scaffale col suo scatolo e il suo obiettivo montato, una Nikon D3100 che mi aspettava. ”Va be', prendiamola va'” dissi tra me e me, atteggiandomi col tipico fare sicuro di chi sa quello che sta comprando. Non ne avevo la più pallida idea! Tanta era la voglia di provarla, che la misi in pista la sera stessa, senza neanche aver scartato il manuale e, attrezzato di cavallettino russo recuperato nel corredo di papà, mi cimentai nella fotografia notturna. Non avevo idea neanche di come si comandasse il diaframma, ma nonostante questo, quella sera, qualcosa la portai a casa lo stesso. 


Così è iniziato un lungo percorso di studio, di sperimentazione e di acquisti, spesso sbattendoci la testa e passando le nottate a leggere discussioni, recensioni, libri di fotografia, a seguire forum e gruppi facebook che mi ha fatto capire quale tipo di fotografia mi piaceva e soprattutto cosa vuol dire fotografare. Qui nasce la mia passione per la paesaggistica e la ritrattistica da strada, due generi di fotografia antitetiche tra loro per il modo di realizzarle, per la strumentazione utilizzata e per le regole compositive sulle quali si basano questi due generi fotografici. Sono sempre stato un purista della tecnica, ma apprezzo anche le rotture degli schemi purché studiate con criterio. Ho iniziato ad accompagnarmi a chi ne sapeva più di me, ad apprendere la tecnica come una spugna assorbe il suo nutrimento dal mare, i metodi, gli automatismi, la meccanica delle attrezzature e col passare del tempo sono migliorato fino a ricevere i primi complimenti per le mie fotografie e ad organizzare le mie prime mostre fotografiche.  


Ed è proprio durante la preparazione di quest’ultime che ho imparato una cosa fondamentale: quello della fotografia è un mondo sempre in evoluzione; non perché cambiano i luoghi o i soggetti delle nostre foto, ma soprattutto perché negli occhi di ogni fotografo, bravo o no che sia, c’è qualcosa di diverso dagli altri, qualcosa che ci fa vedere il mondo in un modo che nessun altro potrà mai replicare per quanto ci si sforzi di imitarne la tecnica. Il famoso “occhio del fotografo” racconta tramite uno scatto quello che ci circonda, quello che succede e quello di cui per lo più non ci accorgiamo. Raccontare i cambiamenti del paesaggio, della società, delle persone, tutto con un semplice scatto che racchiude al suo interno una quantità sterminata di informazioni e di emozioni. Quando si sente il suono dello specchio e delle tendine che si spostano, quel momento in cui la luce passa attraverso quelle due piccole e velocissime lamelle di metallo è proprio in quel momento che acquisiamo un potere immenso, quello di fermare il tempo. Immortalare un istante unico che non tornerà mai più e che nessun altro al mondo potrà vedere e raccontare in modo uguale al nostro.  


Tecnica ed attrezzatura 

Il primo amore non si scorda mai, difatti è sempre rimasta la passione per i teleobiettivi e il loro uso anche nei campi più particolari. Street con un 300mm non è di certo cosa da tutti i giorni, ma quando si conosce una lente e le proprie capacità ci si cimenta in cose nuove e particolari, fotografare tra la gente, cogliere momenti particolari a grande distanza senza farsi notare. Discorso diverso per la paesaggistica dove il grandangolo spinto la fa da padrone con qualche strappo alla regola per quelle che mi piace chiamare “cornici naturali”. Sfruttare le deformazioni nella fotografia architettonica, linee prospettiche nuove da intrecciare con le strutture o con le linee naturali. Tutte cose imparate mentre preparavo il materiale per la mia prima mostra fotografica che mi è servita come insegnamento per capire come raccontare i luoghi.